giovedì 17 settembre 2009

Bologna, dubbi di costituzionalità sul reato di clandestinità


«Esistono seri dubbi di costituzionalità»: così Mario Luigi Cocco, coordinatore dei Giudici di Bologna, subito dopo aver rinviato la prima udienza dedicata al reato di clandestinità in seguito all’istanza di illegittimità presentata dalla Procura di Bologna. Cocco scioglierà le proprie riserve il 21 ottobre e nel caso riterrà fondata l’eccezione a decidere sarà la Corte costituzionale: in attesa del pronunciamento della Corte, i procedimenti in corso verrebbero sospesi.

Il primo caso giunto dinanzi ai Giudici di pace, questa mattina, è quello di un marocchino 33enne, fermato a Bologna dalla Polizia municipale proprio nel primo giorno di entrata in vigore del nuovo reato, l’8 agosto. Non è in aula e non ascolta quindi l’illustrazione dell’istanza di illegittimità da parte del procuratore reggente di Bologna, Massimiliano Serpi [che in apertura di udienza Cocco ringrazia «per l'attenzione che la Procura dedica a questo nuovo procedimento»]. Prima di Serpi, un’eccezione prova a sollevarla anche l’avvocato difensore del marocchino, perché dalle carte la persona offesa risulta «nessuna» e a suo dire non può esserci un reato. Per Serpi, la persona offesa è da considerarsi lo Stato, quindi il requisito sottolineato dalla difesa non è indispensabile per procedere. Cocco concorda e rigetta l’eccezione, prima di ascoltare la più corposa istanza del procuratore.

Il primo dubbio di illegittimità riguarda la violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge. Per la Procura è ingiustificato punire nello stesso modo lo straniero che, dopo l’entrata in vigore della nuova legge, la viola introducendosi illegalmente in Italia e quello che, essendovi da tempo, con affari e affetti radicati, non allontanandosi abbandona un’intera vita. Inoltre, per la Procura manca la clausola di salvezza del «giustificato motivo», che vale per il già esistente ordine di allontanamento da parte del Questore [specifico, nominativo e notificato] ma non per chi ha ricevuto «l’editto collettivo» di allontanamento rappresentato dalla nuova legge.

Il secondo dubbio di costituzionalità riguarda violazione del diritto di difesa per cui nessuno è tenuto ad autodenunciarsi. Per la Procura, il legislatore ha tralasciato di predisporre una procedura che consenta allo straniero di allontanarsi legalmente, costringendolo di fatto a farlo «clandestinamente». Se non è previsto che lo straniero possa accettare di rispettare volontariamente di allontanarsi per evitare la pena, sostiene piazza Trento e Trieste, la pena stessa perde di significato. Come esempio la Procura porta le modifiche alla normativa sulla detenzione di armi che, quando entrarono in vigore, prevedevano un arco temporale entro cui consegnare spontaneamente le armi senza incorrere in pene.

Terzo punto: la violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge per la sospensione del procedimento penale solo per le badanti disponibili all’emersione, disposta per un giudizio di mera opportunità politica, e non a tutti i lavoratori in nero; per la Procura, la discrezionalità del legislatore è indiscutibile in sede amministrativa, ma non in sede penale. Ed è ragionevole pensare, aggiunge piazza Trento e Trieste, che lo straniero imputato possa essere un lavoratore irregolare.

Infine, la Procura ipotizza una violazione del principio di ragionevolezza della legge, del principio per cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, del principio del buon andamento della pubblica amministrazione esteso alla giurisdizione. La Procura ricorda che la nuova legge prevede un reato che formalmente viene sanzionato con un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro, ma anche che il giudice applichi in via automatica la sanzione sostitutiva dell’espulsione [a meno che non ci siano cause ostative che impediscano l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera].
Innanzitutto, per la Procura il legislatore ha costruito formalmente una figura di reato ma non per determinare una condotta virtuosa attraverso la funzione deterrente di una pena, bensì per giungere attraverso il giudice di pace al risultato di comminare in sede penale l’espulsione. Inoltre, il legislatore non ha nel frattempo rinunciato al già esistente sistema amministrativo di espulsione, con il risultato che per lo stesso straniero non regolare si aprono contemporaneamente due distinti procedimenti, uno penale e l’altro amministrativo. Per la Procura di Bologna, una duplicazione della procedura che viola la Costituzione: oltre al principio della ragionevolezza, infatti, il «raddoppio» si traduce in spese inutili di denaro e risorse umane. Infine, a detta della Procura, c’è la possibilità di un vero e proprio cortocircuito: prevedere che il giudice di pace debba di norma applicare l’espulsione si scontra infatti con la condizione che lo straniero sia coattivamente espellibile, poiché in questo caso non si potrà mai giungere a sentenza visto che lo stesso straniero sarà già stato espulso dal Prefetto e accompagnato alla frontiera.

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