martedì 5 ottobre 2010
Gli studenti extracomunitari rialzano il livello della dignità umana, di Marco Lodoli
Ridere fa bene, non c’è dubbio. Il malumore occlude, intoppa, ingorga e la vita non scorre più come acqua di fiume o di torrente. Le persone perennemente addolorate e cupe spesso ci sembrano egocentriche, inchiodate ai propri problemi e incapaci di rapportarsi con il mondo. Quindi viva l’allegria, la letizia, il sorriso: cuor contento, Dio l’aiuta. Detto questo, devo però notare con un certo sgomento che negli ultimi tempi in Italia forse si ride anche troppo, o per lo meno si ride anche quando non c’è motivo. A scuola questo è evidente.Credo di essere una persona che ha il senso dell’umorismo, ma rimango interdetto quando assisto a sghignazzamenti inarrestabili durante le ore di lezioni, sganasciamenti da slogatura delle mandibole, risate a crepapelle che si rinnovano da se stesse. Professore, i giovani sono fatti così, ridono perché la vita è bella, ridono perché sono innamorati, ridono perché il mondo è buffo. E fin qui ci siamo. Ma io vedo i miei studenti ridere istericamente, compulsivamente, come per scaricare elettricità nell’aria, anche se nessuno ha detto una battuta, se nessuno è scivolato su una qualche buccia di banana.
Temo che si rida perché oggi questo è lo stile di vita dominante, in televisione ridono tutti, pacche sulle spalle e giù a sbracarsi dalle risate, e i programmi dei comici si moltiplicano, basta un palcoscenico e qualcuno che spari battute a raffica. Da anni ascoltiamo le risate preregistrate nelle sit-com; anche i politici ormai sono diventati dei formidabili barzellettieri. Chi non ride è un poveraccio, un menagramo, un corvetto.
Per fortuna ci sono gli studenti extracomunitari. Loro sono seri, ascoltano in silenzio, sono pensierosi, a volte sorridono, con una certa grazia. La strada che li ha portati fino a questi banchi di scuola è stata dura: miseria, paura, viaggi simili a fughe, e poi umiliazioni, sfruttamento, violenze, speranze andate in fumo. Hanno genitori che sanno quanto la vita sia dura, vecchi che gli dicono: studia, cerca di farti valere, cerca di avere un futuro migliore del nostro passato, di questo amaro presente. Sono seri, questi ragazzi, composti, malinconici. Studiano, sono rispettosi, fanno poche domande. Guardano i loro compagni che sghignazzano e tacciono. Che c’è da ridere? si chiedono in silenzio.Abbiamo bisogno di questi ragazzi, rialzano il livello della dignità umana, ci ricordano che il mondo non è Zelig o Scherzi a parte, che a volte si soffre e che non bisogna lamentarsi troppo né protestare a vuoto, ma stringere i denti e andare avanti, sperando che la strada a un certo punto spiani. Non è il caso di piangersi addosso, ma neanche di farsela sotto dalle risate, sempre e comunque.
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