La mattina del 18 novembre, sotto una pioggia battente e implacabile, polizia e carabinieri hanno sgomberato gli 80 rom rumeni che abitavano in via Fermi, a Segrate, ricco comune alla periferia est di Milano. Qui, seguiti dalla Comunità di Sant’Egidio, 14 bambini andavano regolarmente a scuola, 15 uomini lavoravano con contratto regolare nell’edilizia e 4 adolescenti, dopo anni di dispersione scolastica, avevano intrapreso un percorso di avviamento professionale. Marius, a 17 anni, è passato dall’elemosina a un corso di idraulica e a un tirocinio per riparare le tubature di molte case milanesi. Ora l’ennesimo sgombero mette a rischio questi passi concreti verso l’integrazione.
Il 18 novembre non è solo la data dello sgombero di via Fermi: è anche il diciassettesimo sgombero subito da Cristina, 10 anni, in un solo anno. Quando nel settembre 2008 abitava al campo di via Rubattino, Cristina ha iniziato a frequentare la quarta elementare. Nell’ultimo anno, a causa degli sgomberi, ha perso molti giorni dell’anno scolastico e ha dovuto cambiare tre scuole. La sua famiglia è molto povera; per questo, e non certo per scelta, ha una baracchina al posto della casa. Quando uno sgombero rade al suolo anche quella, rimangono i cavalcavia o un telo di plastica fissato su dei legni. Ha provato a vivere anche sottoterra, sgomberata anche da lì. Cosa perde Cristina ad ogni sgombero? Giocattoli? No, non ne possiede. Vestiti? Ben pochi. Perde invece un riparo dal freddo e dalla pioggia, la bombola e il fornello che le consentono di mangiare qualcosa di caldo.
lunedì 22 novembre 2010
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